04/04/2019
Psicopatologia della personalità
Libro di Giovanni Chimirri
GIOVANNI CHIMIRRI, Psicopatologia della personalità. Bioetica della salute e cura integrale dell’uomo, Mimesis Edizioni, Milano 2019, pp. 1412, € 35.
«La psiche non è un epifenomeno del cervello» (C. Jung) e: «dietro il bisogno di ricorrere al neurologo, si nasconde la ricerca di un significato dell’esistenza» (V. Frankl). Con queste e altre citazioni di Jaspers, Minkowski e Binswanger, l’Autore rivela gli indirizzi che l’hanno maggiormente ispirato: personalismo, esistenzialismo, fenomenologia (da altri autori psicoanalisti, parimenti studiati e citati, Chimirri prende solo “quanto basta”).
Oltre a ciò, nella Presentazione (pp. 9-27), l’Autore rivela la metodologia im-piegata: quella della multi-disciplinarietà, cosa che rende il volume interessante sotto il profilo epistemologico e soprattutto fruibile da varie figure professionali (medici, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, educatori, ecc.). Infatti, sociologia e filosofia, storia della psichiatria, psicopatologia, deontologia e politiche sanitarie, incrociano i loro percorsi e interessi attorno a temi comuni (mente, corpo, caratte-re, disagio, cura e luoghi di cura, rapporti intersoggettivi, regole sociali), e devo-no dunque impegnarsi a dialogare senza cadere in ideologie, autarchie, gelosie e conquista di clienti/pazienti. Del resto, molta gente con problemi psicologici si ri-volge a preti, maestri, guide spirituali; e molta gente con problemi filosofici si ri-volge a medici e psicologi.
Al centro, infatti, bisogna sempre mettere la persona nella sua unicità e origina-lità e non le teorie preconcette degli operatori. La personalità umana è stata ed è tuttora oggetto di studio da parte delle scienze più diverse, sia sul versante spe-rimentale sia su quello umanistico, a partire persino da antichi testi religiosi che Chimirri ha presente e cita (cfr. per esempio il § “Teologia della follia”, pp. 933-969). Se la psicologia è lo “studio dell’anima” e la psichiatria è la sua “cura” (se-condo le rispettive etimologie greche), per millenni le filosofie e le religioni sono state prima di loro “medicina” e “salute dell’anima”, così da conquistare sul campo la facoltà di occuparsene («chi pensa che l’uomo non sia anche anima, si faccia la sua facoltà di psicologia senz’anima», scrivono certi psicologi citati a p. 18).
Questa guida si compone di due parti. La Prima (“BIOETICA DELLA SALUTE MEN-TALE”) ha un taglio prevalentemente critico, dove si agitano problemi e s’indagano forme di sapere (cap. 1); si riflette sull’importanza della psicologia (cap. 2); si mettono a fuoco i concetti di normale/anormale (cap. 3); si dibatte sul-la salute e sulla relazione morale e psicologica della cura (cap. 4); si prende di petto un binomio che ha attraversato tutta la storia della filosofia e della psicolo-gia: il rapporto soma/psiche, in un serrato confronto tra materialismo, dualismo, realismo, funzionalismo e spiritualismo (cap. 5); si indaga la medicina psicoso-matica come punto di vista privilegiato per risolvere una buona parte dei disagi umani (cap. 6).
La Seconda (“FENOMENOLOGIA DELLA PERSONALITÀ DISTURBATA”) ha un anda-mento maggiormente descrittivo ed è per questo più breve, sebbene non tralasci sensibilità critiche e tenga aperte questioni di metapsicologia che travalicano la manualistica corrente e allargano e integrano il discorso psicologico con prospet-tive etiche e filosofiche. Sono qui esposte le teorie di personalità (cap. 1); le tipo-logie caratteriali (cap. 2); l’interpretazione storico-culturale della follia e i princi-pali complessi psichici (paure e fobie comprese); i disturbi di personalità e la psi-cologia sessuale (cap. 4); i disagi mentali più gravi (disturbi dell’umore, ansia, depressione, schizofrenia: cap. 5); e infine questioni di psicologia criminale (cap. 6).
L’autore sostiene – rifacendosi ad autorevoli figure nel campo della medicina, della psicologia e della psichiatria – che senza un’adeguata antropologia di fondo non sia possibile compiere alcuna psicologia né tanto meno una cura dell’umano che voglia essere integrale, salvo che, ci si voglia limitare agli asettici manuali diagnostici e a visioni biologistiche dei disturbi psichici che limitano troppo spesso la terapia alla sola farmacologia.
Il terapeuta cura in primo luogo con la sua stessa personalità e si mette in gio-co nello stesso rapporto di cura. Certo, l’operatore è più sano del malato e i ruoli vanno tenuti distinti, eppure non sarà mai un buon terapeuta colui che oggettiva il prossimo guardandolo con superbia, onniscienza e stigma, come se una sempli-ce diagnosi possa mai chiudere il circolo terapeutico ed ermeneutico annullando le possibilità, le incognite e il mistero stesso dell’altro. Un altro punto sul quale insiste Chimirri, è la questione dell’unità dell’essere umano, cioè della sua natu-rale costituzione psicosomatica che gli antichi, nonostante qualche dualismo, ave-vano già pienamente compreso, fino al paradosso secondo cui non è tanto l’anima a essere contenuta nel corpo ma è quella a contenere questo (p. 687). Anche Freud ammette del resto che “il corpo è una proiezione dell’Io” e dunque non è l’Io a essere nel corpo (nel cervello) ma è questo a vivere nell’Io. Solo con una visione olistica dell’essere umano e solo con corretto stile di vita, si possono guarire quei disagi frutto per lo più di squilibri e dissociazioni del “sistema men-te/corpo” e del “sistema Io/ambiente”.
Chiudono il volume alcuni paragrafi di antropologia sui temi del nichilismo e della mancanza di valori che, secondo l’Autore, sono l’origine nascosta di vari disagi mentali ed esistenziali come, per esempio, i diffusi sentimenti della noia, del pessimismo, dell’ansia, dell’insoddisfazione, della ricerca sbagliata di felicità, di conati suicidari. Qui s’innesta la questione metapsicologica della “concezione del mondo” che ognuno si forma e senza di cui ci si sente giocoforza spaesati, salvo ingannare se stessi coi miti di oggi (ricchezza, successo, potere, soddisfazione libidica e gastrica, droghe, stupidi divertimenti e passatempi). Rifacendosi ad Aristotele e Rosmini, Chimirri sostiene che non ci può essere felicità senza virtù, e sostiene che la felicità, prima ancora di essere un tema psicologico, è una questione di verità filosofica secondo cui, la cosiddetta “pace dell’animo” / “serenità mentale” non è riducibile a una semplice assenza di conflitti ma deve agganciarsi a qualche valore metempirico senza di cui ognuno rimane nemico di se stesso e del prossimo.
Gennaro Cicchese
Copertina e scheda Bioetica della medicina e Psicologia della cura