22/11/2009
Preti nella società digitale (Tonino Cantelmi su Avvenire)
DA ROCCA DI PAPA (ROMA) Internet, i- pod, cellulari, profili su facebook, chat, mail e sms: nel mondo di oggi i media non sono più uno strumento o un canale, sono diventati un «ambiente» nel quale tutti sono immersi. Si tratta di un vero cambiamento epocale ed antropologico con il quale anche i preti si trovano a fare i conti. Di tutto ciò, ovviamente, la Chiesa non può disinteressarsi, anzi vuole coglierne le opportunità pastorali che si dischiudono. « Nella straordinaria opportunità dell’Anno Sacerdotale, abbiamo voluto focalizzare l’attenzione su alcune sfide educative che e- mergono nell’ambito formativo dei futuri presbiteri, influenzato dalle dinamiche di una società complessa, digitale e virtuale », ha spiegato l’arcivescovo di Lucca Italo Castellani, presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, aprendo i lavori dell’incontro nazionale dei rettori ed educatori dei Seminari d’Italia in programma a Rocca di Papa, al Centro di spiritualità « Mondo Migliore », fino a domani. « I media non esauriscono la realtà, ma ormai non si può prescindere da essi che specialmente per i 'nativi digitali' sono come l’acqua per il pesce», ha continuato il presule precisando che « la cultura digitale non va demonizzata ». « Il nostro impegno – ha affermato – è quello di formare il futuro presbitero alla relazione interpersonale in un contesto di comunità virtuali, dove le soggettività, le esperienze e le relazioni prendono forma e si spezzano grazie ai media». Il sacerdote si trova infatti a vivere la sua vocazione in un mondo caratterizzato dalla velocità e dalla simultaneità, a confrontarsi con la cosiddetta « web generation » e ad annunciare Cristo a persone abituate a dialogare nei social network o ad esprimere stati d’animo con le emoticon, ossia le faccine più o meno sorridenti utilizzate nella comunicazione nella «rete». « Assistiamo ad una profonda crisi della relazione interpersonale », ha osservato Tonino Cantelmi, psichiatra, presidente degli psichiatri cattolici (AIPPC) sottolineando che la tecnologia digitale permette «di essere connessi senza stabilire legami duraturi, di rappresentare le esperienze senza necessariamente viverle, di oltrepassare la logica dell’empatia e della solidarietà » . Per Cantelmi, cioè, l’uomo di oggi è alla costante ricerca di emozioni, ma è narcisista in quanto vede l’altro solo in funzione dei propri bisogni. Non solo: ha paura delle relazioni stabili e della progettualità e per questo si trova a suo agio nella rete dove può navigare assumendo svariate personalità e giocare con la fluidità dell’essere. La complessità di quella che viene definita dagli esperti « epoca liquida post-moderna» interroga le agenzie educative, Chiesa compresa. I principi educativi tradizionali del seminario, quali la «separazione e l’obbedienza utili a riconoscere la volontà di Dio » , risultano messi in discussione dall’avanzata dell’universo digitale. Per questo, ha affermato il teologo pastoralista don Luca Bressan, è necessario recuperare il senso del seminario come luogo: « Serve un luogo iniziatico, capace delle dimensioni di incanto e fascino, ma al tempo stesso ancorato al reale e capace di interagire con esso trasformandolo » . In altre parole, in un momento in cui il passato sembra non aver valore, il Seminario deve tornare a svolgere « la funzione di unificatore dei vissuti». Ciò che appare fondamentale è, per don Bressan, favorire « un processo di riapprendimento e risignificazione della propria identità ». L’obiettivo è quello di « educare alla scoperta della propria coscienza presbiterale attraverso racconti e reinterpretazione dei racconti fatti ». Oggi infatti non basta saper entrare nella cultura tecnologica, ma « abitarla » . Essere « preti digitali » è possibile. E apre uno scenario missionario che la Chiesa non può eludere. di STEFANIA CAREDDU FONTE: AVVENIRE - 21.11. 09