13/01/2010
Pillola abortiva negli ospedali: favorevoli e contrari - Di Più 28 dic. 2009
Fermo restando che l'aborto è una decisione drammatica. Fermo restando che l' aborto è una scelta della donna in totale liberta perché 10 prevede la legge. Fermo restando che l'aborto può lasciare ferite psicologiche. Fermo restando che va rispettato chi è a favore dell'aborto e chi è a sfavore. Fermo restando tutto questo, sull'aborto in questi giorni si è aperto un nuovo capitolo. Da adesso le donne che vogliono abortire, al posto di fare l'intervento chirurgico, possono assumere un farmaco. Infatti, dopo anni di discussioni e polemiche, e, dopo una lunga sperimentazione, anche in Italia si potrà assumere la pillola abortiva che porta il nome "Ru486". Lo ha deliberato, proprio in questi giorni, sulla Gazzetta Ufficiale, l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. La pillola abortiva, dunque, potrebbe essere assunta anche da subito. In pratica, però, sarà disponibile negli ospedali italiani soltanto a partire da febbraio. Come hanno spiegato i responsabili dell'azienda francese che la produce da più di venti anni, serviranno altri due mesi prima che sia pronta in Italia, perché devono essere modificate le istruzioni sui foglietti contenute nelle confezioni. Nel nostro Paese, infatti, la Ru486 potrà essere assunta solo entro quarantanove giorni, cioè sette settimane, dall'inizio della gravidanza, mentre le donne hanno due settimane di tempo in più in altre nazioni dove questa pillola e già in uso, come gli Stati Uniti e tutti i Paesi dell'Unione Europea, esclusi Polonia e Lituania, Irlanda e Malta dove è vietato l'aborto. Ma che cosa è la pillola Ru486 e perché la sua introduzione in Italia ha sollevato tante polemiche? La Ru486 è la pillola che provoca l'interruzione della gravidanza. Rappresenta quindi un aborto farmacologico, un' alternativa all'aborto chirurgico. II processo abortivo farmacologico si compone di due fasi. Nella prima fase, la donna deve assumere un farmaco, la Ru486 appunto, che prepara il distacco del feto; nella seconda fase, deve prendere un'altra medicina, la prostaglandina, che causa l'espulsione del feto. Entrambi i medicinali non si venderanno nelle farmacie ma saranno disponibili soltanto negli ospedali. L'assunzione di questi farmaci abortivi, infatti, deve avvenire per legge in ospedale, sotto il controllo del medico. E, sempre secondo la delibera dell'Aifa, alla donna che sceglie di fare l' aborto farmacologico deve essere garantito il ricovero ospedaliero dal momento dell' assunzione della Ru486 sino alla verifica dell'espulsione del prodotto del concepimento. Riguardo al ricovero ospedaliero, però, restano molti dubbi. Nessuno potrà impedire alle donne che hanno preso la Ru486 di uscire dall'ospedale firmando e assumendosi le proprie responsabilità. Se, quindi, tornano a casa, e non aspettano di espellere il feto in ospedale, c'è il pericolo che questo tipo di aborto diventi un aborto "casalingo", compiuto in totale solitudine. Ma prima di affrontare il tema del pericolo e del trauma che può comunque provocare su una donna compiere un aborto, ma in questo caso aggravato dal fatto che lei potrebbe essere in casa, da sola, senza assistenza medica, vediamo in particolare che cosa è la pillola Ru486. Per fare chiarezza su questo punto ci siamo rivolti a Silvio Viale, il ginecologo dell'ospedale Sant'Anna di Torino che ha condotto la sperimentazione in Italia sulla Ru486. «Premetto che non si può mai parlare in generale perchè ogni donna è un caso a se», dice il ginecologo torinese. «Detto questo, il vantaggio maggiore della Ru486 è che così si può evitare l' intervento chirurgico. Molte donne, infatti, hanno paura dell'operazione e dell' anestesia e ritengono più rassicurante fare l'aborto farmacologico, cioè quello con la pillola. Per molte, poi, ha anche un impatto morale meno forte. La pillola viene assunta in modo più naturale e il risultato è simile a quello di un aborto spontaneo». «Si tratta pur sempre di un aborto», obietto. «Certo. Però questa pillola va assunta verso la sesta e non oltre la settima settimana di gravidanza. E, allora, l' embrione non è molto sviluppato: è ancora una sostanza gelatinosa. Anche il materiale espulso dalla donna non è una grande quantità, somiglia a una mestruazione abbondante. In sintesi, i vantaggi della Ru486 sono tre: si evita l’intervento chirurgico; si fa prima, perché si deve intervenire entro la settima settimana; il tutto sembra più naturale». «Qual è la procedura da seguire?». «La procedura dell'aborto farmacologico si svolge in due tempi, sempre in ospedale, sotto controllo medico. La donna deve assumere due farmaci: prima la Ru486, che serve a prepararsi, e poi, dopo quarantotto ore, la prostaglandina, che favorisce l'espulsione del feto. Dopo l' assunzione della prima pillola, la donna può avere gli stessi sintomi che avverte durante la gravidanza. La Ru486, infatti, non provoca sintomi aggiuntivi. Nel dieci, venti per cento dei casi porta nausea, vomito, dissenteria e, in casi rari, dolori addominali». «Quando si assume la seconda pastiglia, dopo due giorni, che cosa accade?». «Dopo che si assume la prostaglandina si deve stare in osservazione per qualche ora. Bisogna vedere se c’è la completa espulsione del feto. In casi comunque rari, può capitare che venga espulso solo parzialmente. Allora, si decide se procedere o no con l'intervento». «II tutto avviene in ospedale?», domando. «Si, il processo abortivo farmacologico deve avvenire in ambito ospedaliero. Ma se la donna sta bene, non e necessario ricoverarla. Anche quando abbiamo fatto la sperimentazione al Sant'Anna le donne uscivano, andavano al bar o a fare compere al mercato vicino all'ospedale. Certo, dopo dieci giorni occorre fare un controllo medico conclusivo». «Ma non c'è il rischio che questi farmaci procurino scompensi ormonali?». «No. Si tratta di una sola somministrazione, quindi l'apporto: ormonale è inferiore a quello di una qualunque pillola contraccettiva che viene assunta quotidianamente. La Ru486, come ho detto, non comporta alcun sintomo aggiuntivo a quelli della gravidanza. Durante la sperimentazione, alcune donne 1'hanno vomitata, msa erano quelle che soffrivano di nausee fortissime. L'effetto della prostaglandina si riduce in breve tempo». «Così lei consegnerebbe l’aborto farmacologico?». «Si certo. Dopo una attenta visita, a parità di condizioni della donna, alla sesta, settima settimana di gravidanza, consiglio l’aborto farmacologico». Ovvio che il ginecologo che ha fatto la sperimentazione sulla Ru486 promuova il suo impiego e ne decanti i vantaggi. Sull'uso di questa pillola, però, ci sono pareri molto discordanti. Non tutti i ginecologi la pensano come Silvio Viale. Per esempio, il professor Lucio Romano, dirigente ginecologo del Dipartimento Scienze Ostetrico-Ginecologiche dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" la pensa in modo completamente diverso. «Sono contrario all'aborto farmacologico perchè è dieci volte più rischioso di quello chirurgico», dice il professor Romano, che è anche presidente de l'associazione Scienza e Vita. «Quali rischi si corrono?», chiedo. «Emorragie e infezioni gravissime. I dati della letteratura riportano anche ventinove casi di decessi. Ma i rischi non sono soltanto fisici. Ci sono pure quelli morali». «Che cosa intende per rischi morali?». «Finirà che nessuna donna, cosa che accade già all'estero, rimarrà ricoverata in ospedale aspettando che avvenga l'espulsione del feto. Quindi, l'aborto farmacologico le porterà ad abortire in solitudine, senza alcuna assistenza. Questa situazione e devastante e scarica sulla donna tutta la responsabilità. Oltretutto, la pillola Ru486 va assunta non oltre la settima settimana di gravidanza. Calcolando che la donna, quando ha un ritardo, magari non va subito a fare il test di gravidanza, quindi scopre di essere incinta verso la quinta settimana, ha poco tempo per parlarne con il proprio compagno e per decidere se abortire. Insomma, è una decisione che viene presa troppo in fretta e che lascerà molte ferite profonde. Inoltre, questo è un meccanismo che porterà alla banalizzazione dell'aborto. Non è vero che l'aborto farmacologico è più semplice. Ci sono conseguenze di ordine fisico e, soprattutto, psicologico». Proprio per farci spiegare le conseguenze di carattere psicologico della pillola abortiva, ci siamo rivolti a due psichiatri di grande fama. Anche loro hanno espresso due pareri diversi. II primo parere, quello favorevole alla pillola, è del professor Paolo Crepet. «Concordo che per la donna l’aborto è sempre un trauma ma non possiamo mettere sullo stesso piano una operazione con una pillola. Chi ha una etica cattolica non abortirà, ma è giusto che chi decide di abortire può scegliere di farlo con un farmaco e non con un intervento chirurgico. L'aborto è sempre un lutto, ma poi si supera. Per me, che ho una visione laica, è anche un trauma, specie per il figlio, mettere al mondo una creatura non voluta. Poi, ci sono donne che quando rimangono incinte restano sole perché il padre, che non vuole assumersi le sue responsabilità, scappa. Ci sono anche ragazze giovani che non si possono permettere di crescere un bambino e che quindi lo affidano ai nonni. Io, in questi casi, credo che sia meglio abortire. E ben venga la pillola. Certo, non è una decisione facile. abortire. Quindi, io sono a favore di una maggiore prevenzione. Bisogna fare una grande campagna sui metodi contraccettivi». Dopo avere sentito il parere favorevole di Paolo Crepet, ascoltiamo quello contrario del professor Tonino Cantelmi, presidente dell'Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici. «Bisognerebbe informare le donne sulle conseguenze che crea l'aborto farmacologico», dice. «è accertato, infatti, che, dopo questa tipo di aborto, c'è un incremento di disturbi psichiatrici post traumatici». «In particolare, quali disturbi vengono?». «Nella donna che sceglie il percorso tortuoso dell' aborto farmacologico, è accertato che poi ha forti ansie e profonde depressioni, difficili da debellare. Abortire nella solitudine, infatti, è davvero una esperienza traumatica. Basti pensare che la donna si può trovare da sola, a casa, a vedere quello che espelle dal suo corpo: una sensazione da cui è difficile riprendersi». Isabella Mayer Di Più - 28 dicembre 2009