06/04/2018

Onorare il limite per vivere la felicità

Fonte: RomaSette del 01/04/2018

Pianeta Giovani- Rubrica a cura di Tonino Cantelmi

"Onora il tuo limite" è una sfida che vorrei fosse proposta ai nostri giovani da adulti coraggiosi. In fondo, come si deduce dalla lezione della Amoris laetitia, ogni sfida è anche una opportunità. Accogliere e consegnare il limite costituisce una strada di felicità, proprio come suggerisce Papa Francesco nell’Amoris laetitia: basta con analisi puntuali e saccenti del mondo decadente (e della realtà dei giovani!), ricominciamo ad indicare itinerari di felicità. Il primo equivoco da sbriciolare è il pensare che la felicità sia oltre il limite. E infatti siamo tutti lì, ciechi adoratori del progresso, delle tecnologie e delle innovazioni, a cercare di superare ogni limite per raggiungere una qualche felicità. E questo si declina in ogni ambito, anche in ambito affettivo, dove il superamento del limite è connesso ad una spasmodica ricerca di emozioni forti, anche attraverso l’artificio degli stupefacenti o trasformando la sessualità stessa in una squallida droga. Papa Francesco denuncia tutto questo nell’Amoris laetitia e lascia intravedere come il tema dell’onnipotenza narcisistica, che pervade la cultura del provvisorio dei tempi attuali, sia una sorta di fabbrica della infelicità. Invece, facendo riferimento alle vette della cultura greca, l’eudaimonia, la felicità, la raggiungiamo solo realizzando il daimon che è in noi, ciò per cui siamo nati, insomma la nostra vocazione. Abbiamo il coraggio per proporre ai nostri ragazzi il tema della vocazione? Per questo “conosci te stesso”, ammonisce l’oracolo di Delfi, che aggiunge: “nulla di troppo”, cioè non possiamo oltrepassare la nostra misura, pena la rovina. Vivere “secondo misura” significa riconoscere il nostro limite. Ecco la dimensione antropologica di base della felicità. Dobbiamo con coraggio accompagnare i giovani sulla soglia del mistero, quel mistero che abbatte il tempo ciclico dei greci a favore di un tempo escatologico che realizza la promessa del mistero stesso, oltrepassa il limite, ma non in senso narcisistico: è la spinta all’autotrascedenza. L’autotrascendenza è una ulteriore dimensione antropologica per la felicità: pensiamo all’arte, alla letteratura, alla natura, alla bellezza, all’amicizia e all’alleanza tra uomo e donna. Se la prima tappa è data dalla capacità di vivere secondo misura, la seconda è la scoperta della forza dell’autotrascendenza, cioè la capacità di sperimentare un oltre non narcistico. Insomma, se vogliamo indicare strade di felicità ai nostri figli, dobbiamo mettere nello zainetto con il quale li incamminiamo nella strada della vita, non solo tanto affetto e sostegno, ma anche il senso del limite, le regole per l’appunto e il gusto al superamento di se stessi in una dimensione non narcisistica, ma autotrascendente. Discorsi difficili? Forse, ma possibili con un po’ di coraggio in più.