04/04/2016
Omogenitorialità liberi di dissentire?
Fonte: Avvenire.it - 2 aprile 2016 - La vicenda degli psicologi «zittiti» dai loro Ordini sul gender La notizia: un certo numero di psicologi ha subìto o sta subendo procedimenti disciplinari dal proprio Ordine perché hanno espresso opinioni difformi sul tema del gender e dell’omogenitorialità e dintorni. Online anche l'intervista di Tonino Cantelmi per Radio Vaticana.
di Tonino Cantelmi La vicenda degli psicologi «zittiti» dai loro Ordini sul gender La notizia: un certo numero di psicologi ha subìto o sta subendo procedimenti disciplinari dal proprio Ordine perché hanno espresso opinioni difformi sul tema del gender e dell’omogenitorialità e dintorni. Potrei entrare nel dettaglio per ogni singolo procedimento, ma nel complesso mi sembra di poter sostenere che i vari Ordini regionali degli psicologi si siano piegati al clima dominante. Lo sappiamo tutti: oggi le associazioni Lgbt possono far dimettere un politico, licenziare un manager, boicottare un’industria e rovinare la carriera di un ricercatore, ma questo non dovrebbe impedire la libertà di ricerca scientifica, il dibattito, il confronto delle opinioni. E non dovrebbe neanche condizionare l’operato di un Ordine professionale. A proposito di gender theory: l’American College of Pediatricians il 21 marzo 2016 ha pubblicato un documento dal titolo eloquente: Gender Ideology Harms Children («L’ideologia gender danneggia i bambini»). Intanto pongo alcuni dubbi: può un Ordine stabilire, come se fosse legge, che la teoria gender non esiste e ritenere questa opinione definitiva obbligando i suoi iscritti ad aderirvi acriticamente? E quando mai nella scienza qualcosa è definitivo e non discutibile? L’Ordine è una società scientifica che stabilisce protocolli, valida terapie e decide di temi scientifici, oppure ha altri e molto importanti compiti? E soprattutto può ritenere definitivo e indiscutibile un suo documento che tocca temi come i gender studies? E infine può 'usare' se stesso per prendere posizione in un dibattito che è politico? In questo contesto di evidente parzialità può con imparzialità giudicare non la condotta deontologica di uno psicologo nell’esercizio della sua professione ma addirittura le sue affermazioni, legittime e libere, in un dibattito pubblico? A mio parere è un gran pasticcio, ma la faccenda è grave: sembra quasi che uno psicologo oggi non sia un cittadino libero di esprimere le sue opinioni, e soprattutto non sia un ricercatore libero di mettere in discussione alcuni temi sui quali l’Ordine ritiene di aver espresso un giudizio inappellabile A onor del vero alcuni procedimenti, peraltro iniziati sulla base di esposti copia-incolla chiaramente strumentali, si sono risolti in una bolla di sapone: lo psicologo aveva pienamente diritto di dire la sua opinione e la commissione deontologica lo ha riconosciuto. Ma l’intimidazione esercitata dagli autori degli esposti è riuscita perfettamente. Quello stesso psicologo, per certo, si sottrarrà a ulteriori dibattiti. È comunque un vulnus della libertà. Ovviamente confido nella capacità delle commissioni deontologiche di colpire non lo psicologo vittima della strumentale accusa ma gli accusatori in malafede. Prendiamo la questione delle adozioni da parte di coppie omogenitoriali. L’Ordine degli psicologi del Lazio, peraltro guidato da un presidente molto capace e attivo, sostiene che la questione sia scientificamente risolta e invia ai senatori un dossier – a suo dire autorevole e certo – che dimostrerebbe, studi alla mano, che non c’è alcun dubbio: i bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali non hanno alcun problema. E se uno psicologo dicesse il contrario? Potrebbe rischiare il procedimento disciplinare. Ebbene, io non la penso così. A essere onesti, esaminando tutta la letteratura scientifica sul tema, emerge che la maggior parte delle affermazioni oggi circolanti siano imprudenti perché la maggior parte degli studi sono stati condotti con modalità sbagliate, metodologie non sempre corrette e conclusioni azzardate. In definitiva, sulla base della letteratura scientifica l’unica affermazione corretta a mio parere è questa: non è possibile affermare che la letteratura scientifica si sia pronunciata in modo chiaro, univoco e definitivo, e non è possibile affermare con certezza che lo sviluppo di bambini cresciuti in contesti omogenitoriali sia equivalente a quello dei bambini cresciuti in famiglie eterosessuali. L’altro dato è questo: gli studi (anche questi altrettanto non univoci e dalla metodologia a volte incerta), che viceversa dimostrano addirittura che i bimbi cresciuti in contesti omogenitoriali abbiano più problemi di quelli cresciuti in famiglie eterosessuali, sono stati puntualmente accusati di omofobia e i loro autori hanno subìto gravi danni alla loro carriera, prima che la comunità scientifica correggesse il tiro e ne riconoscesse la validità. Quindi penso si possa sostenere che finché non ci saranno argomentazioni solide e coerenti sarebbe giusto che non venisse assunta alcuna decisione tale da modificare la situazione familiare attuale, in nome di un principio di prudenza che rispetti l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Onu, nel quale è scritto che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche, (...) delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente». Bene: se fossi psicologo e affermassi questo in un pubblico dibattito, e alla luce di questo esprimessi opinioni avverse a quanto affermato dall’Ordine degli psicologi del Lazio, e un paio di psicologi presentassero un esposto (più o meno è successo così in altre parti), l’Ordine che diritto avrebbe di aprire un procedimento disciplinare? Non sarebbe piuttosto una limitazione (grave) della libertà e un cedimento a richieste intimidatorie e strumentali dell’esposto? Ripeto: confido nella saggezza e nel buon senso delle commissioni deontologiche dei vari Ordini regionali, tuttavia ritengo che non debba essere un riflesso automatico esposto (per lo più strumentale)-procedimento disciplinare. Tuttavia, piuttosto che scendere in campo con manipoli di avvocati e giuristi a loro volta pronti a sommergere Ordini, commissioni e accusatori di analoghe denunce, vorrei ricondurre il tema a una libera discussione, fuori dalle intimidazioni da azzeccagarbugli: sono sicuro che il presidente del Consiglio nazionale degli Ordini degli psicologi e anche i presidenti degli Ordini regionali implicati a vario titolo nella polemica vogliano accettare la proposta di un franco e leale dibattito sulla libertà degli psicologi, oggi a mio parere a rischio, restituendo loro diritto di parola, di ricerca, di critica e di opinione difforme. Cantelmi: sul gender psicologi "zittiti" dai loro Ordini Cantelmi: Psicologi "zittiti" dai loro ordini su gender - RV 05/04/2016 12:49 La libertà di ricerca scientifica va tutelata e non può essere soggetta ad intimidazioni. Così il presidente dell’Associazione Italiana Psichiatri e Psicologi cattolici, Tonino Cantelmi, su Avvenire denuncia la vicenda di alcuni psicologi “zittiti” dai loro Ordini, a seguito di esposti, per aver espresso opinioni difformi sul tema del gender o dell’omogenitorialità. Sebbene la letteratura scientifica non abbia espresso una parola definitiva nel merito, spiega Cantelmi, alcuni professionisti rischiano la sospensione o addirittura la radiazione. Paolo Ondarza lo ha intervistato: Ascolta l'intervista R. – Alcuni psicologi in maniera, a mio parere, subdola preparano degli esposti abbastanza “copia e incolla” nei confronti di altri psicologi che, in alcuni dibattiti pubblici per esempio, hanno sostenuto l’inopportunità di alcuni estremi della teoria gender o qualche perplessità sull’omogenitorialità… Questi esposti arrivano poi alle Commissioni deontologiche, le quali inevitabilmente aprono dei procedimenti. C’è da dire anche un’altra cosa ancora peggiore, dal mio punto di vista, e cioè che il Consiglio nazionale degli Ordini degli psicologi ha sposato un documento, secondo il quale la cosiddetta teoria gender non esiste... Peccato che proprio un mese fa l’"American College of Pediatricians", (il Collegio degli Psichiatri Americani), ha pubblicato un documento critico proprio sulla teoria del gender (“Gender Ideology Harms Children”, trad: “L’Ideologia gender danneggia i bambini” - ndr). D. – A dimostrazione che gli studi scientifici sono tutti aperti in questo campo… R. – Ecco, proprio questo è il punto: io ho fatto una ricerca, analizzando un po’ tutti gli studi scientifici dagli anni Sessanta a oggi sul tema dell’omogenitorialità, e dire che la questione sia risolta mi sembra veramente superficiale e semplicistico. La cosa che mi colpisce è pensare che in qualche modo ci sia una posizione già definita e raggiunta: ecco, questo lo trovo veramente ridicolo. Tutta la scienza va avanti per ipotesi e disconferme di queste ipotesi. D. – Gli psicologi che sono stati ripresi con procedimenti disciplinari hanno espresso in qualche modo opinioni lesive nei confronti delle persone omosessuali? R. – Alcuni li conosco personalmente e sono assolutamente sicuro, anche perché poi ci sono delle videoregistrazioni, che non ci sia nulla di lesivo o nulla di ingiurioso o diffamante. Si tratta di un dibattito… D. – Mi faccia un esempio: che tipo di affermazione potrebbe essere soggetta a un esposto e poi ad un provvedimento disciplinare? R. – Colui che fa un esposto dichiara che lo psicologo ha citato soltanto alcuni studi e non altri ancora e quindi ha assunto una posizione parziale. Ma così rischiamo di sopprimere – quello che è in gioco, dal mio punto di vista – la libertà degli psicologi, la libertà di esprimersi, ma anche la libertà di fare ricerca. Se oggi io facessi una ricerca partendo dall’ipotesi – in scienza si fanno sempre delle ipotesi – che l’omogenitorialità potrebbe essere un fattore di rischio per la salute mentale, forse rischierei una campagna denigratoria contro di me, come se fosse un’ipotesi omofoba. D. – Professore, quindi anche lei, con queste affermazioni, potrebbe essere in qualche modo vittima di una denuncia di qualche tipo. E’ spaventato, quando rilascia queste dichiarazioni? R. – No, assolutamente. Credo di esprimere opinioni molto di buon senso e sono pronto anche a dimostrarlo… In realtà, questo è già avvenuto nei miei confronti: nel 2008 sono stato vittima di una campagna assurda, condotta da alcuni quotidiani, per aver affermato che laddove c’è una distonia, quindi una non accettazione del proprio orientamento, è lecito offrire un aiuto psicoterapeutico. D. – Qualche collega più giovane di lei potrebbe però sentirsi spaventato ad affermare cose di questo tipo… R. – Sono tutti molto spaventati, in realtà. Non è un clima nel quale è possibile esprimere con libertà la propria opinione. Uno psicologo mi ha telefonato ed è stato vittima di uno di questi esposti: è una persona che io conosco personalmente, una persona eccellente, accurata, sensibile… E ovviamente confidiamo nella saggezza della Commissione deontologica. Però, sono giorni di preoccupazione, di ansia, in cui una persona rischia di essere sospesa, in alcuni esposti si chiede addirittura la radiazione… Ma se diamo spazio a questo tipo di esposti, questo psicologo poi si sottrarrà a futuri dibattiti e avrà quindi difficoltà a mettersi in gioco. D. – Lei su “Avvenire” scrive: “Oggi le associazioni Lgbt possono far dimettere un politico, boicottare una industria, ma non si dovrebbe impedire la libertà di ricerca scientifica”. Quindi, si prende atto di una pressione che viene esercitata a livello pubblico? R. – La pressione è micidiale e questo riguarda anche la stampa. Noi abbiamo visto manager costretti a dimettersi per aver urtato la comunità gay, noi abbiamo visto grandi industriali dover chiedere scusa per aver espresso un’opinione personale pubblicamente, che non corrispondeva alle attese della comunità gay… Ma – detto tutto questo – io credo che almeno nell’ambito della ricerca scientifica, dell'insegnamento, delle opinioni, si debba lasciare libertà di espressione. Non possiamo essere vittime di una pressione sociale così potente!