12/02/2021
L’antidoto al litigio? Il perdono
Fonte: Punto Famiglia del 11/02/2021
di Ida Giangrande
“Talvolta la goccia può scavare la pietra, anche quella più dura. È così che è stato per il mio matrimonio. Ci amavamo e ci amiamo, ma fin dal principio abbiamo avuto una relazione conflittuale. Io sono un carattere litigioso, lui è nervoso. A ciascuno il suo, ma chi pensa alla pace della famiglia? Eravamo consapevoli di avere caratteri forti già dal fidanzamento, ma all’indomani del matrimonio le nostre differenze si sono aizzate come fa il fuoco con lo spirito. Siamo sempre stati come bambini che si azzuffano senza riuscire a darsi un limite. Qualsiasi pretesto è buono, qualsiasi motivazione. Fino a quando eravamo io e lui, poteva anche andarmi bene, ma ora ci sono i figli e non voglio che questo nostro modo di esistere li segni…”. Parto da questo breve ma significativo messaggio, arrivato un giorno in redazione, per pormi qualche domanda. In fondo non c’è coppia al mondo che non abbia i suoi problemi e non c’è coppia che non litighi, ma fino a quando il litigio è normale e quando invece dobbiamo preoccuparci? Ne ho parlato con Tonino Cantelmi, medico-chirurgo, specializzato in Psichiatria, Psicoterapeuta.
Litigare è normale?
“Il conflitto non può essere ignorato o dissimulato. Dev’essere accettato. Ma se rimaniamo intrappolati in esso, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti si limitano e la realtà stessa resta frammentata.” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 226). Il conflitto non può essere ignorato e dissimulato: litigare è coesistente con le persone umane anche nella coppia e in famiglia. Semmai non litigare è anomalo! Ma ancora di più: “La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere, che sono anche parte della sua drammatica bellezza” (Papa Francesco, Amoris Laetitia, 232). Insomma litigi, conflitti, crisi e problemi fanno parte della nostra realtà: il punto è non restare intrappolati in essi.
La lite è un fatto caratteriale o culturale considerando il progressivo svuotamento dei ruoli tra uomo e donna?
Per qualche tempo una psicologia per così dire umanista ha sostenuto che i conflitti segnano la fine di una relazione e ha preteso di insegnarci a “lasciarci bene, civilmente”. Oggi sappiamo che il conflitto significa che l’altro mi interessa e che voglio starci in relazione. Non tutti i conflitti si possono risolvere: questo fa sì che di fronte a conflitti insuperabili siamo costretti a guardare in alto, ad Altro. Insomma i conflitti segnano i nostri limiti, ci aiutano a non sentirci onnipotenti e narcisisti, ci sostengono nel trovare nell’Altro il sostegno autentico.
Esistono litigi di serie “a” quelli di serie “b”? Quando un litigio mette in discussione le fondamenta della coppia?
Esistono i conflitti che mettono in discussione l’essenza dello stare insieme. Ma “ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore” (Amoris laetitia 231). Qui è necessario riscoprire il tema del perdono. La psicologia contemporanea da cica 10 anni ha riscoperto l’importanza del perdono, come un processo evolutivo e adattativo essenziale degli umani. Sono numerosissimi gli studi sul perdono, che è un processo psicologico complesso e non facile. La nostra pastorale familiare dovrebbe incrementare un accompagnamento teso a sviluppare percorsi di perdono.
Quali sono le ricadute in termini affettivi ed emotivi sui figli?
Le ricadute dei conflitti coniugali sui figli sono drammatiche: non esitiamo a parlare di violenza indiretta, di trauma. Una coppia conflittuale è traumatizzante. C’è una sola possibilità per arginare e riparare i danni verso i figli: che i figli possano recuperare la speranza attraverso lo sperimentare il perdono reciproco dei coniugi.
Diamo qualche suggerimento pratico: come imparare a gestire le liti nella coppia?
Ne do uno solo: sviluppare la tenerezza per l’altro, cioè una particolare attenzione ai limiti dell’altro, ed uscir fuori dalla dinamica vittima-carnefice.