20/09/2016

Il triste primato del Belgio: eutanasia su un minorenne. Ma la sofferenza è davv

Primo caso di eutanasia somministrata ad un minore. L’età del minore non è stata precisata, né sono emersi dettagli sul caso, se non che soffriva di una malattia in fase terminale. La legge si applica ai minori ‘capaci di intendere e di volere’, che soffrono di una malattia incurabile allo stadio terminale, cui si aggiunga una sofferenza fisica costante e insopportabile che non può essere alleviata. Il bambino o l’adolescente deve farne richiesta, che viene poi valutata da un’équipe medica e da uno psichiatra o psicologo. I genitori devono dare il proprio consenso a che venga praticata l’eutanasia. “Si sono affrettati a dire che la prima vittima minorenne dell’eutanasia non fosse depressa, anzi che ha espresso un consenso pieno e con lei anche i genitori. Davvero?” si chiede il dott. Cantelmi: “Un adolescente, che non viene ritenuto capace di votare, di sposarsi, di trattare affari economici e persino di gestire la sua sessualità, è davvero così maturo per esprimere una volontà tanto complessa come scegliere di morire? E davvero un adolescente (e i suoi genitori) provato da una malattia devastante può essere sereno, di buon umore, certamente non depresso, come si sono catapultati a sostenere?” No. Non è possibile restare indifferenti. E non è possibile non provare un brivido di fronte al giubilo di qualcuno che in queste ore celebra il Belgio come un faro di civiltà per aver registrato un (triste, tristissimo) primato, quello di essere il primo Paese in cui un minorenne ha subito l’eutanasia. “E ucciderlo è davvero l’unico modo per consentirgli una morte dignitosa, come se le cure palliative e la gestione medica del dolore non fossero efficaci? Io mi sento di rispondere no: non credo alla libera e autentica scelta da parte di persone così duramente provate e vulnerabili”. E cosa si poteva fare? “Credo che la risposta dignitosa sia un’altra: non lasciare soli chi si trova in queste drammatiche vicende. Le scelte eutanasiche rispondono a logiche di depressione, di disperazione, di solitudine. E a logiche economiche. Forse le logiche economiche sfruttano la disperazione: stiamo creando le premesse per una società dove non ci sarà posto, per esempio, per le persone affette da Alzheimer (come accade appunto in Belgio ed Olanda), persone la cui mente è abitata da una straniera bizzarra, la demenza, davvero gli ultimi degli ultimi, indifesi e economicamente inutili (oltre che costosi)”. Il dott. Cantelmi fa poi una triste disamina sulla situazione della società belga e constata che guarda caso nei paesi dove il Pil è alto “anche la sofferenza mentale lo è. E puntualmente fa capolino l’eutanasia”.  “In Belgio un adolescente su 5 pensa al suicidio. E 1 su 10 lo fa. Uno studio europeo sul consumo di cocaina in 19 grandi città colloca l’Italia al nono posto (Milano). E chi c’è al primo posto? Il Belgio (Anversa), con 2 chili e mezzo al giorno ogni 1000 abitanti!” A chi invece pensa che la sofferenza sia di per sé priva di senso e di significato, Cantelmi risponde: “Ho visto nelle agonie ricomporsi relazioni autentiche e sperimentare momenti di intensa vicinanza, di riscoperta dell’altro e di amore. Ho visto, anche per esperienza personale, oltre che professionale, persone con Alzheimer provare momenti di rinnovata felicità. Ho visto famiglie riscoprire l’autenticità attraverso il dramma. Ho visto persone morire con una dignità autentica e solenne. Dico che a questo dovremmo guardare e tendere, a questo morire dignitoso, rispettoso della persona, piuttosto che colludere con la costruzione di una società mortifera. Non è scontato e nient’affatto semplice, ma in definitiva credo che per dire di no ad ogni forma di eutanasia, occorra riscoprire il senso e il significato della sofferenza”.