31/05/2018

«Ghosting» ovvero paura di soffrire

Fonte: Roma Sette del 27/05/2018 - Pianeta Giovani, rubrica a cura di Tonino Cantelmi

di Tonino Cantelmi

Il ghosting è «la violenza psicologica preferita della nostra generazione»: così titola il sito thevision.com, riportando un sondaggio rivolto agli adolescenti e ai giovani. Ghosting significa interrompere una relazione sentimentale diventando fantasmi, cioè sparendo: niente più telefonate, messaggi, mail, post, bloccando l’altro o l’altra dai social e dalle chat. È una modalità passivo–aggressiva, molto comoda ed immediata per interrompere un rapporto più o meno reale, scomparendo dalle comunicazioni digitali, quelle che di fatto oggi surrogano,integrano e danno consistenza alle forme della relazione interpersonale.
Chat e social permettono lo scambio continuo ed ininterrotto di comunicazioni e la connessione si erge a vera regina dei rapporti interpersonali: senza connessione non esiste relazione e interrompendo la connessione si chiude la relazione. Senza spiegare, senza impegnarsi troppo, senza complicazioni. Gli adulti ancora tendono a chiudere la relazione almeno con un messaggio, sia pure digitale e fugace. I giovani neanche quello: è ghosting appunto. Secondo il sondaggio riportato da thevision.com, almeno otto giovani su 10 hanno subito un ghosting. Salvo all’improvviso tornare di nuovo a comunicare con quella persona prima silenziata digitalmente e, come una sorta di tecno zombie, inviare messaggi, riabilitare la persona esclusa alla chat o al social precluso. Qualcuno ha definito questo ritorno improvviso “zombieing”. Jonathan, un ghoster senza pentimenti, scrive sui social: «Chi come me fa ghosting ha un obiettivo, quello di uscire da una situazione scomoda, e ha davanti a sé due strade, quella più incasinata, ovvero affrontare la questione con l’altro e farsi carico delle sue reazioni, oppure scegliere la scorciatoia, scomparendo nel nulla. Il ghosting è l’alternativa più facile». Già Papa Franceso, in Amoris laetitia, commentando la rapidità con cui i giovani passano da un amore ad un altro, scrive: «Credono che l’amore, come nelle reti sociali, si possa connettere o disconnettere a piacimento e anche bloccare velocemente» (AL 39), descrivendo di fatto proprio il ghosting. Ma questo desiderio di controllare la relazione svuotandola dell’impegno, dell’incontro, del conflitto, della sorpresa, della sua consistenza reale e persino dell’altro, ridotto a simulacro pallido e trasparente, in fondo non nasconde la grande paura di soffrire? È nelle relazioni, quelle vere, che costruiamo la nostra identità nella verità e nel confronto, ma l’intimità è anche il luogo più fragile e temuto, dove siamo più vulnerabili. Attraverso le relazioni possiamo subire le ferite più dolorose oppure vivere i momenti più belli e più intensi della nostra vita. Tutte le forme di surrogazione della relazione che oggi sono possibili attraverso la connessione non renderanno le persone più felici: in definitiva dobbiamo ritrovare il coraggio di credere nella bellezza dell’incontro al di là delle delusioni.