20/04/2019
Con «Christus vivit» un atto di fiducia
Fonte: RomaSette del 14/04/2019 – Rubrica pianeta giovani
Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!». Con queste frasi inizia l’esortazione apostolica post sinodale “Christus vivit” del Santo Padre Francesco rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio e resa pubblica pochissime settimane fa. Ma se le prime parole sono travolgenti, le ultimissime, quelle con cui Papa Francesco conclude, sono davvero emozionanti. Il punto finale, il 299, ha come titolo “E per concludere … un desiderio” e le parole precise sono queste: «Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte “attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci”». (citazione, quest’ultima, tratta dal discorso rivolto ai giovani riuniti nell’agosto 2018 al Circo Massimo). Da questo documento emergono alcune questioni importanti: l’ottimismo nei giovani, considerati l’«adesso di Dio», il dialogo fra le generazioni, il realismo, cioè la rinuncia a discorsi astratti, e la necessità che la Chiesa si rinnovi proprio attraverso l’ascolto e il protagonismo dei giovani stessi. Ma a mio parere l’esortazione è innanzitutto un atto di coraggio e di fiducia nei giovani. Di coraggio e di fiducia, quando esorta ad una pastorale giovanile “popolare”: «invece di “soffocarli con un insieme di regole che danno del cristianesimo un’immagine riduttiva e moralistica, siamo chiamati a investire sulla loro audacia ed educarli ad assumersi le loro responsabilità, certi che anche l’errore, il fallimento e la crisi sono esperienze che possono rafforzare la loro umanità”». È specifica al 234: «Nel Sinodo si è esortato a costruire una pastorale giovanile capace di creare spazi inclusivi, dove ci sia posto per ogni tipo di giovani e dove si manifesti realmente che siamo una Chiesa con le porte aperte. E non è nemmeno necessario che uno accetti completamente tutti gli insegnamenti della Chiesa per poter partecipare ad alcuni dei nostri spazi dedicati ai giovani. Basta un atteggiamento aperto verso tutti quelli che hanno il desiderio e la disponibilità a lasciarsi incontrare dalla verità rivelata da Dio. Alcune proposte pastorali possono richiedere di aver già percorso un certo cammino di fede, ma abbiamo bisogno di una pastorale giovanile popolare che apra le porte e dia spazio a tutti e a ciascuno con i loro dubbi, traumi, problemi e la loro ricerca di identità, con i loro errori, storie, esperienze del peccato e tutte le loro difficoltà». Trovo questi punti coraggiosi e persino rivoluzionari, come molti altri che vorrei approfondire nei prossimi numeri.