11/04/2008
Il rogo mediatico - (Catt. e Ps.) di T. Cantelmi - (2/8)
Cattolici e Psiche «Il rogo mediatico» di Tonino Cantelmi Pubblicato su Psichiatri Oggi – aprile 2008, anno X, n. 2
Dopo la pubblicazione dell’articolo su Liberazione i commenti, le osservazioni, i giudizi e le condanne si sono susseguiti sui giornali e, in particolar modo, su blog, siti e forum in Rete. Il tutto in modo palesemente acritico. Nessuno ha voluto verificare se l’inchiesta di Liberazione, per la verità sgangherata oltre che nel contenuto, anche nella sintassi, potesse essere minimamente credibile. Tutto questo è avvenuto nonostante già nell’articolo si evincessero palesi contraddizioni, e nonostante le varie smentite e le varie precisazioni (Cantelmi, 2007a, 2007b, 2008a, 2008b). Nessuno ha valutato l’attendibilità del giornalista, denunciato il mese prima proprio per un comportamento simile[1], e nessuno ha considerato che alcun paziente si sia mai lamentato o abbia denunciato quanto ha affermato il giornalista/finto-paziente. Nessuna di queste considerazioni ha fatto sì che le affermazioni e le ipotesi presenti nell’articolo fossero adeguatamente verificate prima di essere sostenute, amplificate e commentate, anche da valenti professionisti (penso per esempio ad un clamoroso editoriale di uno psichiatra abile, colto ed intelligente come il dott. Valeriani sull’ottima rivista “L’Altro”). Ma ormai la miccia è stata infiammata, il fuoco si è acceso ed il rogo ha iniziato a bruciare. Si è così cominciato a parlare di “colloqui e terapie inquietanti”, di “nido di vipere”, di “pentolaccia maleodorant finalmente scoperchiatae”. C’è chi si è chiesto come ha fatto il giornalista a “resistere per sei mesi” oppure “chi ha pagato per questi sei mesi” e chi ha invocato per me pene e condanne[2]. Aurelio Mancuso (2007), Presidente Nazionale Arcigay, afferma che “dal racconto si evince che in questi studi di psicologi cattolici reazionari sono presenti molti adolescenti minorenni, portati dai propri genitori, il che significa che queste persone sono in qualche modo forzate a "curarsi" da una patologia inesistente”. Si tratta di considerazioni gravissime, non supportate da alcun fatto, ma solo da una considerazione diffamatoria di un giornalista e tuttavia ripresa, amplificata e rilanciata come autentica. Mancuso chiede inoltre se i costi delle terapie “siano in qualsiasi modo riconosciuti e/o sostenuti finanziariamente dalla sanità pubblica o attraverso fondi derivanti dall'8 per mille” e chiede “l'immediato intervento dell'Ordine Nazionale degli Psicologi e del Ministro alla Salute Livia Turco, affinché queste pericolose pratiche di condizionamento sulle persone cessino immediatamente”. E’ incredibile il livello di irrealtà: lo stesso giornalista aveva spiegato di essersi rivolto ad uno studio privato privo di alcun finanziamento. Ho pubblicamente invitato Mancuso a visitare il mio studio e a verificare de visu le sue dichiarazioni. Ha pubblicamente risposto che al di là dei fatti è nel dibattito pubblico che si stabilisce la verità. Vengono intraprese petizioni da inviare all’Ordine degli Psicologi e l’On Grillini presenta un’interrogazione parlamentare al Ministro della Sanità Livia Turco (Grillini, 2008). Ricevo intimidazioni, minacce, sfide, insulti più o meno anonimi. Nella Newsletter di un’associazione di psicologi, Altrapsicologia.it, si ripete la modalità acritica con la quale la sgangherata inchiesta viene riportata. Si legge “per 6 mesi ha finto di essere gay per potersi sottoporre al percorso terapeutico del Prof. Cantelmi, guru e Presidente dell'Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale, fondatore dell'Associazione italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici e docente di psicologia all'Università Gregoriana, per "guarire" dalla sua (presunta e inventata) omosessualità. Il percorso parte con un colloquio "selettivo" di un prete, prevede la somministrazione dell'MMPI e del Rorscharch e si sofferma sulla quantità e la modalità dei rapporti sessuali consumati. […] Dopo una serie di colloqui il percorso di guarigione prevede un “corso di gruppo” di orientamento ultra cattolico, sgranare rosari, partecipare a gruppi psicoterapeutici, studio della Bibbia e dei testi di Josè Maria Escrivà (fondatore dell'Opus Dei), il tutto sullo stesso piano. Attraverso questa miscellanea di pratiche il gruppo promette non senza fatica di arrivare alla sospirata "guarigione” (Altrapsicologia, 2008). In questo caso l’autore aggiunge ulteriori affermazioni, piuttosto confuse, non fatte neanche dal giornalista fintosi paziente. E’ come se sulla base dei titoli di Liberazione e di una fugace lettura dell’inchiesta, ignorando volutamente ogni mia precisazione, l’estensore della nota di Altrapsicologia avesse lasciato andare la sua mente a libere interpretazioni ricche di suggestivi collegamenti. Sempre nella stessa Newsletter si può leggere “Non è casuale che in una forma pervertita, questa si, di psicoterapia al di là e in spregio ad ogni deontologia, il gruppo di Cantelmi usi, senza soluzione di continuità, il Rorschach e il rosario, il colloquio clinico e la “penitenza” tipica delle pratiche di espiazione religiosa. Il professionista dell’aiuto qui non usa infatti i saperi e le tecniche per la risoluzione dei problemi psicologici dei suoi pazienti, non è il paziente al centro della questione, ma la cura della propria ansia e il rafforzamento dell’ideologia. E’ infatti aprioristica la convinzione che l’omosessualità sia peccato e patologia e che come tale vada “espiata” oltre che “curata”. Qui invece tutto è volutamente confusivo e confondente, in modo da trasformare l’aiuto terapeutico in una gravissima forma di manipolazione del pensiero nel tentativo di adeguarlo al proprio”. Qui, colui che commenta la presunta inchiesta di Liberazione aggiunge ancora di sua iniziativa ulteriori invenzioni: non ho mai mescolato Rorscharch e rosari e nessun paziente potrà riferire che nel mio studio abbia ricevuto benedizioni o abbia pregato. Vengo cioè accusato di mescolare psicoterapia e pratiche religiose senza che ve ne sia alcuna prova né nella realtà né nell’articolo fasullo di Liberazione. Peraltro L’Associazione Italiana Psichiatri e Psicologi Cattolici ha sempre condannato ogni sincretismo e soprattutto ogni confusione tra dimensioni spirituali e dimensioni psicologiche (Cantelmi et al., 2004). Infatti, come ampiamente specificato in ogni documento ufficiale, non ritengo che esista una psicologia o una psichiatria cattolica: la scienza è tale senza alcuna etichetta. L’AIPPC ha il compito di promuovere un dibattito fra discipline differenti, quali l’antropologia,la filosofia, la psicologia, la teologia, nella convinzione che questo dibattito arricchisca le singole discipline. Ma questo sembra troppo complesso per l’estensore della nota di Altrapsicologia. Ad onor del vero, la redazione di Altrapsicologia, dopo aver ricevuto le mie proteste, dà successivamente ampio spazio a quanto da me dichiarato. Professionisti e non solo hanno iniziato ad appellarsi al codice deontologico degli psicologi (in particolare all’ art. 4[3], ma anche agli articoli 3[4] e 5[5]) e ai manuali diagnostici, in particolare al DSM (manuale diagnostico ufficiale dell’American Psychiatric Association), affermando che già dal 1974 è stata cancellata la diagnosi di Omosessualità e successivamente, nel 1987 (cioè nel DSM-III-R), anche la diagnosi di Omosessualità Egodistonica. Nel primo caso, quello del codice deontologico, la denuncia ed il processo pubblico sono stati effettuati senza una conoscenza diretta dei fatti ed una conferma degli stessi (e nonostante le varie smentite e precisazioni). Per quanto riguarda la questione diagnostica sembra che in molti non abbiano tenuto in considerazione l’evidenza che l’orientamento sessuale egodistonico è tuttora presente sia nell’ultima versione del DSM, il DSM-IV-TR, che nell’ICD-10 versione 2007 (manuale diagnostico ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). In quest’ultimo manuale, inoltre, viene specificato che una persona può cercare sostegno al fine di cambiare il proprio orientamento sessuale. Si tratta di una questione complessa che affronterò nel prossimo paragrafo, ma il livello della discussione ha mostrato, come vedremo, una mancanza in alcuni commentatori di conoscenze tecniche preoccupante. Per quanto attiene al codice deontologico degli psicologi ritengo che, per esempio, nei riguardi degli psicologi “accusati” (i presunti partecipanti alla rete “clandestina” di terapeuti di gay), non siano stati rispettati gli articoli 33 e 36 che, rispettivamente, recitano: “I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche”; e inoltre “Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale”. Non mi sembra inoltre che, nei confronti dell’articolo di Liberazione dal quale è nata tutta la polemica, siano state utilizzate le abilità che il codice deontologico prevede all’articolo 7: “Nelle proprie attività professionali […] lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile”. Tra gli altri hanno fatto delle dichiarazioni in merito anche rappresentanti dell’Ordine Nazionale degli Psicologi e dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, che, secondo alcuni osservatori, hanno essi stessi violato gli articoli del codice deontologico appena citati. [1] “Il Coisp presenta denuncia-querela presso la Procura di Roma contro il giornalista Davide Varì, del quotidiano “Liberazione”, per aver manipolato dichiarazioni del Coisp e pertanto diffamato lo stesso sindacato e la Polizia a mezzo stampa. […] Il Co.I.S.P., in data 17 novembre, veniva citato in un articolo apparso sul quotidiano “Liberazione” del Partito della Rifondazione Comunista, ove, a pagina 6, venivano riportati alcuni contenuti del comunicato, opportunamente modificati al fine di farne strumento contro la Polizia di Stato. […] Le parole testuali del Co.I.S.P. sono state palesemente manipolate dal giornalista al punto da fare affermare a questo Sindacato una cosa ben diversa da ciò che era nelle sue intenzioni e che aveva scritto, addirittura il giornalista si inventa da parte del Co.I.S.P. una chiara accusa nei confronti dell’Amministrazione della P.S. inserendo ad arte quel “Avete consegnato” di cui non v’è traccia nel comunicato di questo Sindacato” (COISP, 2007). [2] Tutte affermazioni verificabili cercando su Internet. [3] "Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi." [4] “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale.”