29/11/2019
Chiesa Italiana e Salute Mentale 2. Futuro e benessere della mente
A cura di M. Angelelli, T. Cantelmi, A. Siracusano - Anno di pubblicazione 2019
La domanda su “cosa si debba fare per essere felici” accomuna la più profonda domanda esistenziale rivolta a Gesù, il Maestro, riportata nel Vangelo di Marco 10,17, e il preambolo della Dichiarazione d’indipendenza degli USA.
È una domanda che l’uomo pone a se stesso, alla propria comunità sociale, pone al proprio Paese, ma soprattutto, quando si è alla ricerca della verità su sé stessi, pone a Dio. E ciò accade in qualsiasi condizione di salute ci si venga a trovare.
La ricerca, medico-clinica ed accademica, accompagna, integra, propone riflessioni e percorsi di approfondimento per andare incontro all’uomo ferito di oggi, un uomo, una umanità, che nei Paesi occidentali può aver raggiunto un maggior benessere economico, maggiori tutele sociali, ma che torna a porsi una delle domande fondamentali della vita: “voglio essere felice”.
(Dalla Introduzione)
Nella sezione "Le felicità riconquistate", il libro ospita un articolo di T. Cantelmi e B. Costantini dal titolo: Tra dipendenza e prosocialità; pp. 45-62, segue un frammento:
"Occorre recuperare quindi il senso del noi e quello dell’altro. Il Santo Padre Francesco nella Amoris Laetitia al n. 187 invita l’uomo ad aprirsi all’alterità, a guardarsi intorno per scorgere gli altri e le loro necessità, uscendo fuori dal proprio isolamento:
“Il piccolo nucleo familiare non dovrebbe isolarsi dalla famiglia allargata, dove ci sono i genitori, gli zii, i cugini ed anche i vicini. In tale famiglia larga ci possono essere alcuni che hanno bisogno di aiuto o almeno di compagnia e di gesti di affetto, o possono esserci grandi sofferenze che hanno bisogno di un conforto. L’individualismo di questi tempi a volte conduce a rinchiudersi nella sicurezza di un piccolo nido e a percepire gli altri come un pericolo molesto. Tuttavia, tale isolamento non offre più pace e felicità, ma chiude il cuore della famiglia e la priva dell’orizzonte ampio dell’esistenza”.
La libertà oggi è vista disancorata dalla interdipendenza con la collettività. Il risultato è che ognuno, soprattutto le nuove generazioni, vive come una monade, isolato. E forse è proprio la solitudine il fattore che potrebbe spiegare l’incremento epidemiologico significativo delle dipendenze comportamentali, ma anche delle dipendenze da sostanze, che affligge il nostro tempo. Persone sole consumano farmaci, alcol, droghe e partners in quantità, per alleviare la loro sofferenza esistenziale.
Una strada di felicità possibile è quella di tornare a tessere relazioni interpersonali dotate di senso.
Occorre lavorare in rete per offrire ai giovani opportunità di formazione cognitiva, emotiva, affettiva, relazionale, sociale, morale e umana, a contrasto della cultura esasperatamente narcisista nella quale viviamo, che disconoscere il valore dell’altro e della collettività.
Una strada di felicità possibile è quella di recuperare la dimensione donativa dell’esistenza.
Tornare a riscoprire la generosità, la cura verso l’altro, nella coppia, nella famiglia e nei confronti della collettività, per tornare ad essere umani, capace di essere per ogni persona sofferente nel corpo e/o nella mente".