30/06/2008
Relazioni convegno: Discipline della salute mentale e Chiesa
Relazioni del convegno "Discipline della salute mentale e Chiesa" La fecondità del dialogo culturale ...e intrapsichico
LEGGI le relazioni Firenze 31 maggio 2008 |
Sabato 31 maggio 2008, presso il Centro La Meridiana, Scandicci (FI), si è svolto il primo evento organizzato dall’AIPPC (Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici) sezione Toscana . (vedi programma) Il convegno dal titolo “Disciline della salute mentale e Chiesa. La fecondità del dialogo culturale e intrapsichico” ha preso il via con i saluti, l’incoraggiamento e i rallegramenti per la neonata sezione Toscana dell’AIPPC, da parte dell’Associazione Medici Cattolici, del Vescovo ausiliare Sua Ecc. Claudio Maniago e dell’incaricato della Conferenza Episcopale Toscana per la salute, che ha inoltre portato i saluti dell’Assessore al Diritto alla Salute della Toscana (non presente per un imprevisto). Durante i saluti si è fatto cenno ai Documenti della Chiesa che negli ultimi anni hanno affrontato il tema della salute mentale. Diversi relatori hanno citato Giovanni Paolo II e il suo intervento al convegno “La mente umana” del 1990. Tra i temi toccati: l’importanza di un livello alto di professionalità, la necessità di porre attenzione all’uomo nella sua interezza somato-spirituale, l’urgenza di andare incontro alle persone con disturbi psichiatrici, la necessità di ri-abitare un terreno, quello della psichiatria e psicologia, che forse è stato fino ad oggi abitato più che altro da culture lontane da quella cattolica. Daniele Mugnaini ha presentato gli obiettivi della sezione Toscana dell’AIPPC da lui presieduta: promuovere tra i professionisti una sensibilità, filosoficamente e deontologicamente fondata, riguardante gli aspetti culturali, valoriali, quindi anche spirituali e religiosi dell’uomo, sia esso l’oggetto del loro studio sia esso il cliente del loro aiuto, o della loro consulenza e terapia; dimostrare l’opportunità deontologica da parte del terapeuta di esplicitare, quando necessario, i valori e gli assunti metapsicologici di riferimento; dialogare con le altre discipline dell’uomo e con la teologia cattolica; creare un gruppo di operatori che cresca nell’integrare la metapsicologia cattolica alle teorie o prassi professionali da loro sposate, indaghi le questioni ancora aperte rispetto a questi temi e solleciti positivamente il mondo della Chiesa a utilizzare i dati, le teorie, o le forme di aiuto che provengono dalla psicologia e psichiatria. Tonino Cantelmi (presidente AIPPC nazionale) è intervenuto con una suggestiva carrellata di esperienze che stanno influenzando le nuove (e forse non solo!) generazioni. Si tratta di nuovi mezzi e modi di comunicazione (SMS, web, ecc.) e d’intrattenimento, all’interno di una società sempre più “liquida”, come ha l’ha ben definita il sociologo Zigmunt Barman, facendo riferimento ai continui importanti cambiamenti che non solo accadono nell’arco di pochissimi anni di vita di una persona o della società, ma anche della giornata stessa, per cui ci si connette e ci si disconnette continuamente con persone lontane nello spazio, spesso senza attesa, senza impegno e senza investire alcuni aspetti di sé. L’impoverimento che questo allontanamento dalla naturalità dei ritmi e dei rapporti sociali comporta ai livelli di percezione della realtà (senso e confine della realtà), pensiero e motivazioni pressanti è oggetto di studio della psichiatria antropologica. La preoccupazione riguarda la possibilità che senza accorgercene troppo (mentre la pubblicità, che mette il dito in aspetti grotteschi del villaggio globale, riuscirebbe a intuirlo), le basi stesse dell’uomo e del suo rapporto con se stesso, con il mondo e con gli altri siano in pericolo. A questa sfida il mondo cattolico può e deve dare una risposta, consapevole di quale idea di uomo garantisce all’umanità stessa la possibilità di maturare e sopravvivere. Maurizio Faggioni ha riportato l’attenzione alla complessità dei rapporti fra i due mondi. Da una parte infatti stanno teorie e professioni molteplici, anzi professionisti molteplici, quindi piani diversi (metapsicologia, ricerca di base, teorizzazioni e psicoterapie), dall’altra non solo religioni o spiritualità molteplici, ma anche fenomenologie diverse, la fede, le religioni, l’etica, l’etos, le teologie (tra cui la teologia cattolica). Per quanto riguarda poi l’oggetto di studio, la natura e il risultato delle azioni proprie dei due mondi, essi sono tutt’altro che distinti: il rito, il sacramento, la direzione spirituale sono mediati dal corpo, dalla percezione, dalla psiche e hanno su di essi un effetto, più o meno terapeutico; ogni gesto clinico e ogni pronunciamento teorico sulla natura umana ha d’altra parte un aspetto filosofico, metapsicologico, teologico. I rapporti sono numerosi: dalla psicologia della religione, ai rapporti di diffidenza reciproca fra mondo dei sacerdoti e degli psicoterapeuti. Ha infine indicato alcuni aspetti fondamentali irrinunciabili della prospettiva cattolica sull’uomo, ad esempio l’eccedenza nella natura umana rispetto alla dimensione biologica (e che fonderebbe l’esperienza del sacro) e la libertà, così implicita anche nel richiamo laico all’autonomia del paziente. Carlo Liedl ha messo in luce il ruolo fondamentale della metafora, che solo apparentemente sarebbe caratterizzerebbe in modo specifico il mondo religioso: essa ha infatti una portata persuasiva impressionante in ogni comunicazione e nei rapporti fra le persone, quindi anche nell’interazione psicoterapeutica; essa costituisce un modo economico, dalla particolare portata affettiva, di indagare e ristrutturare la percezione del sintomo e della propria condizione. Liedl ha inoltre sottolineato la caratteristica socio-culturale della metafora. Don Gianni Cioliha infine confermato la fecondità e la portata del dialogo come quello a cui si è assistito durante il convegno, come capace di stimolare nell’altro e, per quanto lo riguarda, nella teologia, l’umile mettere in discussione alcune precomprensioni fin lì considerate indiscutibili, laddove si riconosce che esse possano aver avuto origine più da una specifica influenza culturale che dalla Rivelazione in sé per sé. 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