12/05/2009
L'impossibile neutralita` del terapeuta nell'approccio post-razionalista
"... Il paradosso della relazione terapeutica vede il terapeuta vivere e contemporaneamente osservare la relazione. La sua piena appartenenza, come osservatore privilegiato, al sistema dell’osservato, implica che egli stesso determini e venga determinato dalle emozioni e dai significati costruiti e attivati dalla relazione in atto ..." (di Barbara Turella, Liliana Secchiaroli)
L'impossibile neutralita` del terapeuta nell'approccio post-razionalista di Barbara Turella (1), Liliana Secchiaroli (2) (1) Psicologa, Psicoterapeuta - Docente presso l’Università Lumsa di Roma (2) Psichiatra, Psicoterapeuta - Direttore della DSM della ASL Roma H Riassunto La psicoterapia può considerarsi un’esperienza relazionale in cui si incontrano, in uno spazio e in un tempo definiti (setting),due persone, due sistemi conoscitivi complessi. Da questo incontro e dall’attività congiunta dei due protagonisti, si giunge ad una co-costruzione di una realtà prima non esistente, non esperita, non conosciuta. Il terapeuta e il paziente sono immersi in uno spazio di relazione in cui ciascuno vive l’esperienza, e in questo vivere insieme, nell’interazione, è intrinseca l’influenza reciproca. Il paradosso della relazione terapeutica vede il terapeuta vivere e contemporaneamente osservare la relazione. La sua piena appartenenza, come osservatore privilegiato, al sistema dell’osservato, implica che egli stesso determini e venga determinato dalle emozioni e dai significati costruiti e attivati dalla relazione in atto. Riteniamo che l’approccio cognitivista post-razionalista, grazie al contributo offerto dalla teoria dei sistemi e della complessità e dalla teoria della conoscenza, costituisca l’ambito epistemologico elettivo per affermare l’impossibilità della neutralità del terapeuta (Guidano, 1992). Introduzione Recentemente il dibattito sul tema della neutralità del terapeuta tende ad evidenziare sempre di più i punti di convergenza tra i diversi approcci psicoterapeutici, anche se permangono differenti valutazioni e concettualizzazioni sul modo più utile per utilizzare l’influenza del terapeuta. Affermare la neutralità del terapeuta aumenta il rischio che si possa giustificare qualsiasi atteggiamento e qualsiasi intervento, che il terapeuta possa consentirsi di agire con autorità, suggestione, persuasione e quant’altro, sfruttando il suo ruolo up nella relazione. D’altro canto, ammettere il suo contributo in termini di valori, vissuti emotivi e convinzioni, senza una reale coscienza e consapevolezza di ciò, rischia di produrre lo stesso risultato. Rispetto a questo, teorie, tecniche e strategie di intervento non possono offrire garanzie, ma riteniamo che ancor più delle indispensabili norme etiche e deontologiche stabilite nelle comunità professionali, possa essere utile un approccio epistemologico e clinico che dimostri l’inevitabilità dell’influenza esercitata dal sistema terapeuta sul sistema paziente, fornendo utili percorsi di riflessione e di formazione per tradurre tale influenza in uno strumento efficace di intervento con e per l’altro. Inoltre, come il paziente costruisce la propria conoscenza di sé e del mondo in relazione al suo ambiente, comprendendo il suo terapeuta, il terapeuta fa lo stesso, costruendo a sua volta la conoscenza di sé e del mondo, comprendendo il suo paziente. Nella relazione terapeutica, che diviene incontro tra due organizzazioni cognitive complesse, si garantisce un percorso di conoscenza e di cambiamento, di complessificazione e di aumento della flessibilità, utile, se pur in maniera diversa e con scopi diversi, sia al paziente che allo stesso terapeuta (Reda, 1986). LEGGI l'articolo completo: L'impossibile neutralita` del terapeuta... (9 pag. - pdf) (Modelli per la mente 2009; II)